Articolo del WWF Molise per "la Fonte"
Paesaggio del pittore C. Moulin |
Li chiamano sistemi di accumulo meccanico dell'energia elettrica: due bacini, per esempio, collegati tra di loro. Quando c'è eccesso di energia elettrica prodotta, questa viene utilizzata per pompare acqua dal bacino inferiore a quello superiore, che poi viene di nuovo scaricata nel bacino inferiore azionando delle turbine.
È in sostanza quanto intende realizzare l'Enel nei bacini di Montagna Spaccata e San Vincenzo al Volturno.
Il progetto è stato depositato per l'iter di Valutazione ambientale accelerata (essendo l'opera ritenuta strategica e urgente per il PNRR) nella sonnacchiosa estate e solo a ridosso dello scadere dei termini si sono manifestate delle osservazioni, assieme alla presa di coscienza delle popolazioni interessate e della politica regionale.
Nella Relazione Generale l'Enel esordisce dichiarandosi proprietaria dei bacini e dunque titolata a fare scelte autonome, stante anche la situazione energetica attuale a cui deve far fronte, ma il senso e il diritto di proprietà di risorse idriche e terreni prospicienti è probabilmente un poco da approfondire, assieme a scelte che non possono escludere chi il territorio lo vive.
Va riconosciuto come vero il fatto che cinquant’anni fa si realizzarono due dighe con la specifica finalità di produrre energia: erano i tempi in cui politici appassionati dibattevano su valorizzazioni delle tradizioni contro uno sviluppo innovativo. Alla fine il Molise agricolo, pastorale, romantico ma arcaico avrebbe lasciato il campo alla visione del Molise industriale, delle infrastrutture avveniristiche. Luoghi come le terre del Sacramento o i paesaggi tanto cari al pittore Moulin si videro invase da camion e ruspe intente a
sollevare dighe, costruire strade, realizzare centrali elettriche. Spesso a scapito delle nostre risorse migliori come l'acqua delle nostre sorgenti, preziosa ma poco valorizzata merce di scambio. Fu un sogno futurista che non poteva continuare: il tempo e le regole dei mercati hanno dimostrato che i modelli di sviluppo devono corrispondere alle vocazioni territoriali, pena l'insuccesso di cui, alla fine, lo spopolamento è il segno più evidente.
È vero, quelli di Montagna Spaccata e di San Vincenzo non sono che bacini, definiti da gelide opere di ingegno umano quali sono appunto le dighe che si oppongono al naturale scorrere delle acque. Ma nel tempo, grazie alla magia propria delle acque, sono diventati luoghi significativi, tanto che molisani e abruzzesi li chiamo Laghi. Lago della Montagna Spaccata, Lago di San Vincenzo. Chiamare Lago quello che è di fatto un banale invaso è un processo affettivo, un coinvolgimento emotivo e familiare in luoghi oltretutto
caratterizzati da una pluralità di segni e interessi.
Sono infatti i luoghi dell'Abbazia di San Vincenzo, della straripante biodiversità del Parco Nazionale dell'Abruzzo, Lazio e Molise, sono i luoghi dove umano e naturale si incontrano e dialogano… e nel tempo i "Laghi" hanno conquistato il loro posto da protagonisti in questo quadro incantevole che, ne siamo convinti, sarebbe piaciuto anche al pittore Moulin, che rifiutò Parigi per godere dell’esperienza estetica delle Mainarde, se potesse vederlo oggi. I paesaggi cambiano, sicuramente. Cambiano in virtù degli usi del territorio e delle popolazioni che li usano, è per questo che abbiamo sempre bisogno di popolazioni più
attente e partecipi. Sono divenuti luoghi inseriti in itinerari turistici significativi in cui la scoperta della magnifica biodiversità, della storia, del particolare fascino dei borghi con le loro tradizioni e particolari relazioni sociali, specialità enogastronomiche, unite al fascino di paesaggi verdi e blu che, se solo potessimo crederci un poco di più, sarebbero sufficienti a ragionare su altre e diverse ragioni di permanenza in questi luoghi per questa e le prossime generazioni.
Abbiamo necessità e urgenza di uscire dalla carbonizzazione dell'energia, è vero. Produrre energia è un sacrificio per il territorio. Ma davvero è questo un sacrificio necessario, senza alternative? Il progetto prevede enormi interventi: scavi, consumo di suolo, inquinamenti e trasporti; richiederà almeno sei anni di lavori alla fine dei quali i Laghi torneranno ad essere dei bacini dal livello delle acque altalenante e con sponde impraticabili e marcescenti.
Non abbiamo idea di come sarà il quadro energetico quando, da qui a sei anni minimo, i lavori saranno terminati, se cioè avremo trovato altri modi per risolvere i problemi e se questi saranno gli stessi, abbiamo però idea di quale sacrificio, su altri fronti, saremmo chiamati a sostenere. Quello che dobbiamo sapere è che il futuro possiamo subirlo, oppure sceglierlo, a patto che conserviamo la capacità di immaginarlo.
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