OSSERVAZIONI SULL'IMPIANTO A BIOMASSE (MASCIONE, CB)



Oggetto: verifica di assoggettabilità a VIA dell’impianto alimentato a  biomasse proposto dalla società RG1 Campobasso Srl.

In data 7/4/2015 la società RG1 Campobasso ha presentato all’ARPA Molise istanza di verifica di assoggettabilità a VIA (screening) per un impianto alimentato a biomasse legnose della potenza nominale di 200 KWe, dichiarando che  l’impianto proposto è un nuovo progetto, ricade in area soggetta al vincolo di competenza della Soprintendenza per i beni archeologici, architettonici e paesaggistici, di cui all’art. 142 D.Lgs 42/2004 (prossimità del Vallone di Ruviato); non ricade invece all’interno di aree protette.
La società dichiara altresì che “l’intervento non ricade in alcuna delle categorie progettuali di cui all’all. IV del D.Lgs 152/2006 e ss.mm.ii, rientra invece nella casistica dei piccoli impianti di cogenerazione al di sotto della soglia di assoggettabilità”, pur tuttavia la relazione VIA è stata resa mancando il DM del Ministero dell’Ambiente previsto dall’art. 15 L. 116/2014 e stanti le interpretazioni fornite dalla Regione Abruzzo e Sardegna.

1.    L’IMPIANTO E’ SOGGETTO A PROCEDURA DI SCREENING.
Non si condivide quanto sostenuto dalla società.  Infatti il DM n. 91/2014, convertito nella L. 116/2014, all’art. 15 ha modificato l’art. 6 del D.Lgs 152/2006, integrando  la lett. c) del comma 7 con la previsione che con decreto  ministeriale saranno definiti i criteri e le soglie da applicare per l’assoggettamento alla procedura di screening , e che fino all’entrata in vigore di detto  decreto  la  procedura è effettuata caso per caso, sulla base dei criteri stabiliti all’Allegato V del D. Lgs. 152/2006 e s.m.i. .
Alla data di presentazione dell’istanza della RG1 Campobasso Srl  non vi erano soglie da applicare e la  verifica dell’assoggettabilità a VIA va eseguita caso per caso.
Tale interpretazione trova conforto nella nota esplicativa sul regime transitorio in materia di verifica di assoggettabilità a VIA, adottata  dalla Conferenza Stato-Regioni nelle forme dell’accordo nella riunione del 18/12/2014.
In particolare la nota chiarisce che a seguito delle modifiche introdotte dal DL 91/2014, “1. le soglie fissate per le singole categorie progettuali dall’Allegato IV alla Parte Seconda del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., ove previste, non sono più applicabili in quanto tali  e, conseguentemente “2. la procedura di assoggettabilità a VIA deve essere effettuata a seguito di esame “caso per caso”, condotto su ciascun progetto ricadente nelle categorie elencate nell’Allegato IV  sulla base dei criteri individuati nell’allegato V, indipendentemente dalle eventuali soglie dimensionali già fissate dalla normativa statale e regionale, come pure dagli eventuali criteri previsti nella normativa regionale che limitano il campo di applicazione della medesima.”
In assenza di soglie, non vi sono dubbi sulla riconducibilità dell’impianto proposto alla categoria degli impianti termici per la produzione di elettricità, vapore e acqua calda   (n. 2 lett.a- All. IV alla parte II D.Lgs 152/2006). 
Nondimeno, in presenza di biomasse rifiuti, l’impianto sarebbe assoggettato alla disciplina dei rifiuti e rientrerebbe nella lett. z.b) del medesimo All. IV: Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi.. mediante operazioni di cui all'allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del D.Lgs 152/2006. Allegato C alla parte IV: Operazioni di recupero – R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.
Nel caso di specie, va ulteriormente  considerato che  le relazioni esibite contengono  informazioni generiche quanto alle biomasse combustibili, nel senso che esse sono individuate in funzione delle sole tariffe incentivanti previste dall’art. 8 del DM 6/7/2012 e dunque senza alcuna specificazione nemmeno in termini percentuali, o di prevalenza, o caratterizzazione quanto ai sottoprodotti (minimo 70%) e ai prodotti (massimo 30%) di origine biologica (come integrati dall’art. 2.bis DL 171/2008 quanto a vinacce e pollina).
Inoltre per la esplicata scelta progettuale non vi è alcun riferimento a filiere di produzione. Sicché la dichiarazione di utilizzare quale combustibile un sottoprodotto e non piuttosto un rifiuto appare di mero stile se gli scarti vegetali (sfalci, potature o altro materiale agricolo o forestale naturale) e gli altri residui biologici non sono legati in termini progettuali  ad una precisa filiera o contesto di riferimento, tenuto conto che l’onere di classificare un materiale come rifiuto, come prodotto o come sottoprodotto, spetta al produttore dello stesso e non all’utilizzatore. Non senza rimarcare che il materiale combustibile, per essere classificato come sottoprodotto, deve rispondere ai requisiti previsti dalle pertinenti   disposizioni degli artt. 183, 184-bis, 185  D.Lgs 152/2006. Basti a tal riguardo osservare che gli scarti vegetali come sfalci, potature o altro materiale agricolo o forestale naturale, provenienti da aree verdi pubbliche e private,  sono a monte dei rifiuti.
L’art. 184-bis D.Lgs 152/2006 definisce  “sottoprodotto” qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfi le seguenti condizioni:
a)      la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
b)       e' certo che la sostanza o l'oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
c)        la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
d)      l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà  a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.
Ciò posto, quel che è certo è che il DL 91/2014 è stato emanato in corso di procedure di infrazione  n. 2009/2086 e n. 2013/2170, nelle quali l’Italia è stata messa in mora per aver fatto uso esclusivo delle soglie basate sulle dimensioni dell’impianto per escludere dallo screening i progetti elencati all’allegato II della  Direttiva 2011/92/UE (direttiva VIA) e per non aver considerato tutti i criteri pertinenti stabiliti nell’allegato III alla suddetta Direttiva in merito allo svolgimento di questi esami. Gli impianti che producono energia a partire da biogas o biomassa, con una potenza termica non superiore a 50 MW, rientrano nell’allegato II della direttiva VIA. Per questo tipo di impianti è obbligatorio effettuare uno screening.
Si richiama in proposito anche l’orientamento giurisprudenziale consolidato che ha ritenuto non sufficiente, né esaustivo né adeguato il criterio dimensionale per escludere un progetto da una  procedura di verifica ambientale,  in considerazione della finalità di tale valutazione e dei principi di precauzione e dell’azione preventiva propri del diritto comunitario, sanciti dall’art. 191 del TFUE, ove il legislatore, nell’affermare che la politica della Comunità in materia ambientale mira ad un elevato livello di tutela, induce a ritenere che la VIA non possa certo escludersi sulla semplice base della soglia di potenza (Cons. di Stato sent. n. 4729/2014).
In maniera più incisiva la Corte Costituzionale con sentenza n. 93/2013 ha affermato che la procedura per verificare l’applicabilità della VIA “deve essere effettuata avvalendosi degli specifici criteri di selezione definiti dall’allegato III della Direttiva e concernenti non solo la dimensione, ma anche le altre caratteristiche dei progetti (il cumulo con altri progetti, l’utilizzazione di risorse naturali, l produzione di rifiuti, l’inquinamento e i disturbi ambientali  da essi prodotti, la loro localizzazione e il loro impatto potenziale con riferimento, tra l’altro, all’area geografica e alla densità della popolazione interessata o a verifica di assoggettabilità nell’ottica dell’attuazione dei principi di precauzione e di azione preveniva (considerando n. 2) ed in vista della protezione dell’ambiente e della qualità della vita”.
In tale contesto legislativo, nel quale si è dovuti intervenire sulla fonte primaria -il D.Lgs 152/2006, escludendo l’individuazione di soglie sulla base del solo criterio dimensionale, appare alquanto riduttiva se non addirittura elusiva la disposizione del DM 30/3/2015 che, in presenza di uno o più criteri afferenti la localizzazione e il contesto geografico, disponga la riduzione della soglia dimensionale al 50%.  L’indicazione deve essere ritenuta di massima e non vincolante e comunque, meramente integrativa della soglia dimensionale, essendo tutti i criteri individuati dall’all. III della Direttiva idonei singolarmente e non cumulativamente a definire l’obbligo della verifica ambientale.
Nel caso di specie la società intende utilizzare nell’impianto 2070 T/a, pari a 5,67 T/g.
Sussistono più criteri di localizzazione tra quelli individuati dal citato DM 30/3/2015. Infatti:
L’impianto progettato,  come dichiara la stessa società,  ricade in area soggetta al vincolo di competenza della Soprintendenza per i beni archeologici, architettonici e paesaggistici, di cui all’art. 142 D.Lgs 42/2004 (prossimità del Vallone di Ruviato) .
Inoltre  l’area di Campobasso è compresa nella zona 1T402 del piano di zonizzazione proposto da ARPA Molise e approvato dalla Regione Molise con DGR n. 375/2014, ed  elaborato sulla base di vari parametri e secondo i criteri del D.Lgs 155/2005. Tale zona è caratterizzata dalla presenza di PM10, NO2 e O3 a livelli che superano la rispettiva soglia di valutazione superiore e  che impongono l’obbligo di monitoraggio .
L’impianto ricade altresì in area soggetta a vincolo idrogeologico RD 3267/1923 e RD 1126/1926 .
Le procedure di infrazione e la conseguente adozione del DL 91/2014 comportano altresì che viene meno anche l’esclusione dell’impianto proposto dall’obbligo di autorizzazione alle emissioni, siccome disposta sulla base di soglie di tipo esclusivamente dimensionale senza alcun riferimento alle matrici ambientali e di contesto locale.
Vien da sé che cambia anche la disciplina autorizzatoria, non potendosi fare ricorso alla semplice DIA.
2. Inadeguatezza della documentazione prodotta. NECESSITA’ DELLO SCREENING
La società riferisce di aver steso la relazione VIA secondo i criteri previsti dall’art. 20 D.Lgs 152/2006.
Il D.L. n. 91/2014 ha modificato l’art. 5 comma 1 lett. g) del  D.Lgs 152/2006 stabilendo che “ai fini della valutazione ambientale, gli elaborati del progetto preliminare e del progetto definitivo sono predisposti con un livello informativo e di dettaglio almeno equivalente a quello previsto dall'articolo 93, commi 3 e 4, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”.
Il D.Lgs 163/2006 art. 93, commi 3 e 4, stabilisce:
3. Il progetto preliminare definisce le caratteristiche qualitative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare e delle specifiche prestazioni da fornire e consiste in una relazione illustrativa delle ragioni della scelta della soluzione prospettata in base alla valutazione delle eventuali soluzioni possibili, anche con riferimento ai profili ambientali e all'utilizzo dei materiali provenienti dalle attività di riuso e riciclaggio, della sua fattibilità amministrativa e tecnica, accertata attraverso le indispensabili indagini di prima approssimazione, dei costi, da determinare in relazione ai benefici previsti, nonché in schemi grafici per l'individuazione delle caratteristiche dimensionali, volumetriche, tipologiche, funzionali e tecnologiche dei lavori da realizzare; il progetto preliminare dovrà inoltre consentire l'avvio della procedura espropriativa.
4. Il progetto definitivo individua compiutamente i lavori da realizzare, nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto preliminare e contiene tutti gli elementi necessari ai fini del rilascio delle prescritte autorizzazioni e approvazioni. Esso consiste in una relazione descrittiva dei criteri utilizzati per le scelte progettuali, nonché delle caratteristiche dei materiali prescelti e dell'inserimento delle opere sul territorio; nello studio di impatto ambientale ove previsto; in disegni generali nelle opportune scale descrittivi delle principali caratteristiche delle opere, e delle soluzioni architettoniche, delle superfici e dei volumi da realizzare, compresi quelli per l'individuazione del tipo di fondazione; negli studi e indagini preliminari occorrenti con riguardo alla natura e alle caratteristiche dell'opera; nei calcoli preliminari delle strutture e degli impianti; in un disciplinare descrittivo degli elementi prestazionali, tecnici ed economici previsti in progetto nonché in un computo metrico estimativo. Gli studi e le indagini occorrenti, quali quelli di tipo geognostico, idrologico, sismico, agronomico, biologico, chimico, i rilievi e i sondaggi, sono condotti fino ad un livello tale da consentire i calcoli preliminari delle strutture e degli impianti e lo sviluppo del computo metrico estimativo.
La relazione VIA  presentata è estremamente deficitaria. Essa non consente né una verifica di massima, né una verifica puntuale ai fini dello screening.
 Manca, anche in grandi linee, principalmente la descrizione ambientale di contesto (habitat, flora, fauna, clima acustico, qualità dell’aria …), che è necessaria al fine di valutare il prima e dopo la realizzazione e messa in esercizio dell’impianto.
A tale specifica deficienza si aggiunge che la società:
1)      Non riferisce quali sono i SIC che interessano il territorio circostante e la distanza da essi
2)      Non riferisce portata e temperature dei fumi  (non si riportano nemmeno l’altezza e diametro del camino)  e quali e quante sono le emissioni attese, in riferimento anche alle soglie stabilite dalla legge che hanno riguardo ai volumi di fumi. Né si riferiscono le portate di syngas prodotto,  le quantità di tar attese dal processo di gassificazione, né la temperature di  combustione del syngas
3)      Non riferisce quale sia il sistema  di abbattimento degli inquinanti in processo, all’uscita del gassificatore e all’uscita del gruppo di cogenerazione
4)      Non riferisce quali siano le modalità di approvvigionamento della biomassa e le quantità di biomasse disponibili
5)      La società riferisce che l’impianto sarà alimentato da biomassa  combustibile di cui all’all X alla parte V D.Lgs 152/2006 e in particolare da sottoprodotto di origine biologica ( lett. b- comma 4 art. 8 del DM 6/7/2012) di cui alla  Tab 1A (sottoprotodotti da attività agricole, di allevamento, gestione del verde e da attività forestale), nella misura minima del 70%. Il restante 30% sarà costituito dai sottoprodotti di cui alla lett. a- (prodotti di origine biologica) del comma 4 (prodotti di origine biologica). La biomassa combustibile è stata individuata in sola funzione della tariffa incentivante stabilita dal DM 6/7/2012 senza alcuna caratterizzazione tra quelle riportate nell’All. X alla parte II del D.Lgs 152/2006  o tra quelle riportate nell’all. 1A del DM 6/7/2012 e senza alcuna specificazione della fonte di approvvigionamento e senza riferimento a filiere.
6)      Quanto al traffico, dichiarato in 1 al giorno e 3 nel fine settimana e festivi (oltre 400 l’anno) la società riferisce che il bilancio è neutro ipotizzando l’equivalenza con i valori della filiera produzione-consumo-smaltimento. Trattasi invece di un valore aggiuntivo di inquinamento, mancando e nemmeno ipotizzata una siffatta ipotizzata filiera. Il contributo va peraltro ad assommarsi a quello già prodotto dall’afflusso di autoveicoli all’impianto sportivo e al complesso commerciale. Il bilancio di PM10 e NO2 è senz’altro peggiorativo.
7)      Non riferisce delle attività preliminari di  trattamento della biomassa, e in particolare di trinciatura/cippatura ed essicazione, mentre sono citate nella relazione tecnica. Di conseguenza tali attività non sono considerate ai fini dell’analisi dell’impatto ambientale
8)      Non riferisce quale sia il sistema di controllo di funzionamento del reattore
9)      Riferisce che utilizzerà una quantità di ca. 30 mc/a  di acqua per la depurazione dei gas di sintesi. Il valore non si confronta con le quantità di acque di processo nella gestioni rifiuti,  stimato in ca. 100 mc/a  né con le quantità dichiarate per l’alimentazione del circuito delle acque di lavaggio, da prelevarsi dalla vasca in un quantitativo giornaliero di lt 240 (lt 240x365= lt 87.600/a = mc 87,6/a)
10)  Nella sezione rifiuti, riferisce della produzione da processo di ca. 600 Kg/a di olio combustibile, senza che ne sia indicata la origine e la destinazione.
11)  Non riferisce del rischio di ritorno di fiamma dei sistemi di iniezione, correlato alla presenza di alti quantitativi di idrogeno generato dalla gassificazione
12)  Non riferisce il quadro economico dell’intervento, anche in funzione dei vantaggi, nelle due opzioni di assenza o presenza dei benefici incentivanti
13)  Non riferisce, nemmeno in prima approssimazione,  della fattibilità tecnica del progetto in funzione della sufficienza di approvvigionamento e di calore prodotto
14)  Non riferisce quale macchinario tecnologico tra quelli in commercio intende utilizzare.
In relazione all’impatto paesaggistico, la relazione è ridotta all’affermazione che “l’impianto si inserisce in un contesto di tipo rurale”. Dalla figura n. 5 “panorama” è possibile dedurre che la zona interessata dall’impianto si inserisce in un contesto di continuità visiva con la collina Monforte, che ricade interamente nel SIC  IT7222125 “Rocca Monforte”.  Inoltre la relazione non riferisce le dimensioni dei manufatti-opere civili (invece riportate nella relazione tecnica)  né li inserisce nel contesto paesaggistico e con riguardo particolare al torrente Ruviato e ai valori tutelati col vincolo di cui al D.Lgs 42/2004, al fine di far rilevare la significatività o meno dell’impatto.
Quanto all’impatto ambientale, la società illustra i benefici ambientali, strettamente collegati alla produzione di energia da fonte rinnovabile e al risparmio in termini di CO2 connesso all’uso di tale fonte.
La ditta evidentemente non sa che, per quanto riguarda il comparto elettrico, la Regione Molise ha già raggiunto e superato gli obiettivi di Kyoto, utilizzando già ora al 100% solo energia da fonte rinnovabile (come dichiarato dalla Regione in sede di consultazioni per l’elaborando  PEAR). In tale contesto, la produzione elettrica preventivata dall’esercizio dell’impianto, seppur da fonte rinnovabile, non assume la  valenza attribuita dalla società né può avere prevalenza sugli altri interessi pubblici coinvolti, tra i quali vi sono senz’altro il paesaggio, l’integrità ambientale, la salute, tutti tutelati dalla Costituzione.
Si ritiene di non condividere l’affermazione  che “l’intervento non andrà a deturpare l’ambiente anzi il progetto sotto il profilo ambientale è quanto di più sostenibile e verde sia oggi realizzabile”.
E’ vero invece che nessun impianto di combustione, seppur piccolo,  ha un impatto nullo.
Dalle informazioni fornite non si rinviene se la soluzione progettuale costituisca la migliore tecnologia (bat) disponibile, ad es. rispetto al gassificatore a letto fluido o rispetto ad altri tipi di motori o tecnologie per la combustione, in funzione di rendimento e minore impatto.  Non si è in grado di valutare l’efficacia e l’efficienza del sistema di abbattimento  degli inquinanti in quanto non riferito.
L’impianto proposto determinerà un peggioramento significato della qualità ambientale dell’area: in termini di sottrazione di suolo, di interferenza sul sistema ecologico che ruota intorno al torrente Ruviato, sulla qualità dell’aria  vista l’introduzione di ulteriori valori di PM10, NO2 e CO2, e di inquinanti prima non presenti (SO2, NH3), sul valore commerciale  dei suoli circostanti. Non senza considerare che il bilancio di CO2 non è assolutamente neutro, atteso che i residui agricoli potrebbero essere utilizzati nella produzione di compostaggio e comunque, in caso di attività agricole dedicate (quali la coltivazione di boschi o coltivazioni ad hoc) catturerebbero anidride carbonica in un tempo indefinito.
A tal riguardo si è già segnalato che il piano di zonizzazione proposto dall’Arpa e approvato dalla Regione Molise qualifica Campobasso come zona in cui le concentrazioni di PM10 e NO2 superano le rispettive soglie di valutazione superiore ex D.Lgs 155/2005 e si impone l’obbligo di monitoraggio. Ebbene, solo attraverso la procedura di screening sarà possibile stimare il rischio di superamento dei  limiti (media annua di 40 µg/m3 di NO2 e PM10 e 35 giorni anno di superamento
del valore medio giornaliero di 50 µg/m3 di PM10) da applicarsi nelle aree individuate “verdi “, la quale eventualità imporrebbe il fermo dell’impianto.  La società non prevede un sistema di monitoraggio.
Atteso  che la composizione del gas di sintesi è condizionata dal tipo di biomassa utilizzata, appare quantomeno singolare, ai fini della verifica dell’impatto  e della sua signficatività, che la ditta riferisca di grandezze medie contenute in intervalli, giustificabile solo per la scelta di imprevedibilità  della biomassa nella fase di progettazione.
La ditta infatti dichiara che il gas di sintesi presenta mediamente la seguente composizione:
N2       45-55 %
CO2     8-12 %
CO       15-20 %
H2       15-20 %
CH4     1-4%
Data la mancata caratterizzazione della biomassa progettata  come combustibile, la società non è in grado di riferire delle impurità presenti nel syngas prodotto. Non senza considerare che l'impatto ambientale del gassificatore aumenta all'aumentare della percentuale di tar all'interno del syngas, la cui presenza dipende da molteplici fattori, quali la temperatura di combustione, la pressione nel reattore ed il tipo di combustibile utilizzato. Elementi tutti non reperiti nella documentazione prodotta.
La società nemmeno riferisce della emissione di nanoparticelle, che sono normalmente prodotte dalla combustione ad alte temperature e che non possono essere a priori escluse mancando nella documentazione i parametri tecnici, quali proprio  la temperatura di combustione del syngas.
In definitiva il progetto proposto è calibrato in funzione delle tariffe incentivanti senza alcuna valutazione in termini di contesto e di fattibilità in relazione alle esigenze e alle prestazioni. E soprattutto senza svolgere una verifica a livelli appropriati seppur minimi dell’impatto atteso sul contesto ambientale.
Per tutti i motivi sopra illustrati si chiede che il progetto sia sottoposto a screening con obbligo di produzione e integrazione della documentazione prodotta.

Isernia, lì 03/06/2015
                                                              

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