Arezzo. Il Wwf: “No alle uccisioni di cinghiali”

Cinghiali e lupi, il parere di Wwf.

Da qualche tempo uno degli argomenti più presenti sulla cronaca locale è la questione degli ungulati e dei lupi che, con la loro eccessiva presenza, sembrano minacciare continuamente cittadini, casolari ed allevamenti, dell’area pedecollinare e urbana della nostra provincia.
La posizione della nostra associazione su tale argomento è stata e sarà sempre chiara e coerente. Infatti, per quanto concerne gli ungulati, soprattutto il cinghiale, la cui espansione è dovuta ad una infelice e mal programmata reintroduzione alcuni decenni fa e ad una cattiva gestione negli ultimi decenni, abbiamo sempre auspicato, per un contenimento dei danni e una maggiore tutela della biodiversità, la creazione di praterie o seminativi a perdere di alta quota o il loro impiego in progetti di reintroduzione in altre aree appenniniche, nonchè progetti di sterilizzazione certo non facili da attuare ma comunque mai nemmeno approcciati. Invece, ancora oggi si torna alla carica con “piani di prelievo cruenti” ossia gli abbattimenti con fucile da attuare da parte delle squadre di cinghialai, come panacea di tutti i mali. Il WWF è dell’avviso che la soluzione di rivolgersi al mondo venatorio per “ridurre e contenere gli ungulati” sia una sorta di boutade mediatica e poco più. I cittadini più informati sapranno certamente, che questo genere di politica gestionale è in corso da almeno 15 anni, infatti, i cosiddetti piani di abbattimento annuali a cui si aggiungono gli interventi di controllo, portano la media di uccisioni annue di cinghiali ad almeno 15000 capi, questa strage legalizzata, attuata con il beneplacito delle Istituzioni preposte (Regione e Provincia), evidentemente non ha mai dato i frutti sperati se oggi siamo ancora qui a discutere di ridurre il numero di cinghiali.
Lo stesso discorso vale per gli altri ungulati, capriolo, daino e cervo, per i quali si vuole lasciare intendere che godano di impunità o nessuna gestione. Non è così, anche queste specie vengono gestite con un piano di prelievo studiato e approvato dalle Istituzioni. Se i luminari interpellati recentemente arrivano a dichiarare che non c’è gestione le cose sono due: o non si conoscono i fatti e si parla tanto per dire qualcosa oppure è evidente che la soluzione cruenta non è la strada da seguire. È lo stesso mondo scientifico che ha ampiamente dimostrato che qualunque specie e i mammiferi in particolare, se è particolarmente minacciata tende a riprodursi in modo più intenso. Forse è giunto il momento di esaminare il problema non già da dietro un mirino e una canna di fucile ma in modo serio e scientifico da parte di chi conosce in modo approfondito le dinamiche animali e su quelle può dare suggerimenti su come agire. Gli animali frequentano maggiormente le aree dove trovano facilmente cibo e sono meno minacciate, che si tratti di aree protette o zone abitate dove la presenza di coltivazioni e l’assenza di minacce (caccia) li rende più sicuri. Qui si innesca l’aspetto legato alla presenza del lupo, che laddove preda prevalentemente gli ungulati è naturale che possa seguirli nei loro spostamenti. Questo predatore, la cui presenza, a dispetto di quanto affermano alcuni soggetti (la cui ignoranza sarebbe da segnalare al guinness), non è dovuta a ripopolamenti artificiali ma alla disponibilità di “prede”, svolge un ruolo essenziale nell’ecosistema montano nel contenere l’eccessiva espansione dei cinghiali e degli erbivori anche di grandi dimensioni.
La conservazione di vitali popolazioni di lupo rappresenta per il WWF un contributo importante al mantenimento equilibrato della biodiversità ed un beneficio per tutte le altre componenti ambientali ad essa correlate. La presenza del predatore solleva però, anche in relazione alla continua espansione del suo areale, rilevanti problemi gestionali principalmente connessi alle aggressioni al bestiame. Un’analisi approfondita sui conflitti tra l’uomo ed il lupo è quindi un elemento fondamentale per mettere in atto tecniche di conservazione e pacifica convivenza con il predatore, strategie da rendere operative con il contributo delle diverse componenti sociali della collettività. Una politica di corretta gestione dei danni alla zootecnia per esempio, non può prescindere dal completo risarcimento dei sinistri, compresi quelli indiretti e provocati da tutti i canidi che rappresentano un problema sempre più crescente, ma deve essere vincolata all’adozione di tutte quelle forme di prevenzione e dissuasione possibili (guardiania, recinzioni ecc.) in modo da evitare atteggiamenti passivi da parte degli allevatori. Altra azione prioritaria da mettere in pratica è quella del controllo del fenomeno dei cani vaganti, rinselvatichiti o ibridati, i quali non temendo l’uomo, costituiscono una seria minaccia per gli allevamenti, la conservazione del lupo e l’uomo stesso.
Nonostante che nel corso del tempo la comune opinione nei confronti del lupo sia molto migliorata, stiamo assistendo negli ultimi tempi ad unarecrudescenza ingiustificata di quella feroce campagna persecutoria di cui la specie è stata oggetto per due terzi del XX° secolo. Torna ad aleggiare sul lupo una percezione negativa, dovuta sia all’impatto che il predatore esercita su alcune attività produttive, sia per una visione della natura basata sull’atavica paura del “lupo cattivo”. Questa situazione è stata enfatizzata spesso da alcuni soggetti seguiti a volte in modo poco obbiettivo da alcuni organi di stampa che montano campagne denigratorie e di disinformazione non supportate da conoscenza scientifica ma esclusivamente da pregiudizi. Il WWF ritiene indispensabile da parte di istituzioni ed organismi scientifici proseguire nell’opera di una corretta informazione ed educazione volta a presentare un’immagine positiva del lupo quale presupposto necessario per una giusta coesistenza tra uomo e predatore, eliminando quella paura generata dalla “non conoscenza” o dal pregiudizio.

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